La disoccupazione è la piaga sociale del terzo millennio.
Poco più di duecento anni fa, Thomas Carlyle scrisse: "un uomo che vuole lavorare e non trova lavoro è forse lo spettacolo più triste che l'ineguaglianza della fortuna possa offrire sulla terra."
In questi due secoli, tuttavia, la figura del disoccupato si è evoluta. Un tempo chi non aveva un lavoro era chi si ribellava alla rivoluzione industriale, che sviliva gli uomini trasformandoli, nella migliore delle ipotesi, in un automa.
Adesso, i disoccupati, sono i giovani, anche laureati, che non riescono a trovare un'occupazione con una retribuzione adatta a quello che è il loro merito.
Oppure sono padri di famiglia, donne che si affannano nell'arduo compito di gestire una famiglia ed un lavoro, ritrovandosi, dopo anni di fatiche, di contratti in nero, di stage non retribuiti, senza un lavoro perché l'azienda decide di dislocare le sue sedi all'estero, dove i costi di produzione e i tempi burocratici sono più competitivi, o perché falliscono.
Le ultime statistiche Istat sulla disoccupazione italiana denunciano un dato allarmante: la disoccupazione giovanile ha raggiunto la soglia del 30%.
Uno dei cavilli burocratici, degli ostacoli che i giovani devono superare per avviare un'attività in proprio è quello delle concessioni; mentre in Italia occorre aspettare ben quattro mesi per l'apertura di un'attività, in Paesi come il Portogallo l'apertura viene autorizzata il giorno successivo alla presentazione della richiesta.
Un altro problema è legato ai flussi migratori. La percentuale di extra comunitari, disposti a farsi sottopagare, a lavorare con turni massacranti, senza copertura assicurativa e senza il minimo rispetto delle norme igienico-sanitarie è altissima.
I vari Governi hanno sempre cercato, in campagna elettorale, di proporre soluzioni per questo fenomeno, ma non sempre le frasi propagandistiche si sono trasformate in realtà.
E' importante che venga compresa l'importanza del non demordere, della lotta continua verso questo sistema che ci vuole sempre più ignoranti, sempre più marionette, sempre meno liberi.
Il lavoro è ciò che nobilita l'uomo, impedire ad un uomo di lavorare è uno dei primi gradini del processo di schiavizzazione.
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